lunedì 11 novembre 2013

Parmitano torna a casa e la sua lettera d'amore per il pianeta Terra

Oggi 11 novembre si è conclusa l'avventura nello spazio dell'astronauta italiano Luca Parmitano, dopo aver passato 166 giorni nella Stazione Spaziale Internazionale.
La navetta russa Soyuz è atterrata in Kazakistan verso le 3.00 di notte, riportando a terra, oltre all'italiano, anche il comandante russo Fyodor Yurchikhin, l'americana Karen Nyberg e la famosa torcia olimpica dei giochi invernali di Sochi 2014.
Parmitano è apparso sorridente e felice, durante l'uscita dalla navicella, ed entrerà nella storia per esser stato il primo italiano ad effettuare ben due passeggiate spaziali.


In questi ultimi mesi è stato sempre in contatto con i suoi fans, regalando magnifiche immagini del pianeta e soprattutto della sua Sicilia vista dallo spazio.
Inoltre, prima del rientro a casa, ha dedicato una lunga lettera d'amore al pianeta Terra:
"I miei occhi accarezzano amorevolmente la sua pelle dalle sconfinate e magnifiche tonalità.
Quante volte con lo sguardo ne ho esplorato i confini, di un azzurro indescrivibile, mentre l'alba ne immortalava le curve, delineate perfettamente dalla luminescenza delle nubi mesosferiche, splendide, cangianti: il colore di una pazienza senza tempo e infinita. 
Osservo nel silenzio della mia postazione: so che il suo cuore pulsa invisibile, e scorgo la linfa vitale scorrere nelle infinite vene che attraversano le sue terre, alimentate e protette dalle nubi, che la ricoprono come il manto di una vergine vestale. 
Il suo respiro ha il ritmo calmo ed eterno delle maree, la grandezza delle onde oceaniche, la potenza dei venti che spazzano in un soffio le sabbie di cento deserti, le cime di mille montagne.
Fra poche ore, tutto questo sara' un ricordo.
La mia astronave mi attende, per adesso quieta e buia, ma presto teatro dinamico e drammatico del mio rientro a terra.
Tutto quel che ha un inizio, deve necessariamente finire: una meravigliosa fragilità che rende ogni esperienza unica, e per questo ancora più preziosa. 
Adesso, però, cerco ancora di riempirmi gli occhi, la mente e il cuore di colori, di sfumature, sensazioni.
Perché restino con me, che ne possa testimoniare. 
Le terre emerse si confondono l'una nell'altra, i confini, arbitrari e immaginari, del tutto inesistenti da qui, mentre le osservo dalla Cupola.
Osservo le terre degli uomini.
Dalla Terra, guardando verso il cielo e le stelle, ne ho sempre sentito l'attrazione irresistibile, ho incoraggiato la mente a perdersi verso l'infinito e l'ignoto.
E' la nostra natura, il gene di Ulisse.
Ma anche Ulisse, dopo tanto viaggiare, torna a Itaca: e a lungo sogna la sua isola. 
Se fossi nato tra gli spazi dell'impenetrabile nero interstellare, se avessi passato tutta la mia vita viaggiando lontano dal nostro mondo, osserverei con lo stesso sguardo ammirato che ho adesso le sue acque azzurre, i suoi continenti così variegati.
Ogni alba e ogni tramonto mi regalerebbero lo stesso stupore atavico.
E sognerei di sprofondare i piedi nelle sue sabbie calde, di sentire il gelido abbraccio delle sue nevi, e la carezza salmastra delle brezze che dal mare si spingono verso la terra.
Mi chiederei cosa si prova a immergersi nelle sue acque, a scaldarsi al calore del suo sole.
Ma sono fortunato: io sono nato lì.
Quello è il mio pianeta. Quella è casa mia".


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